Un Mondiale senza re

Sebastian Vettel e Fernando Alonso

Non succedeva dal 1983, ai tempi di Nelson Piquet, John Watson, Alain Prost, Patrick Tambay e Keke Rosberg. Cinque vincitori diversi nelle prime cinque gare della stagione. Quest’anno sul gradino più lato del podio sono saliti, nell’ordine, Jenson Button, Fernando Alonso, Nico Rosberg, Sebastian Vettel e Pastor Maldonado. Il Mondiale non riesce a trovare il suo leader. Ne beneficia lo spettacolo in pista e l’appeal della Formula 1 sul pubblico, dopo anni di noia mortale.

Alcune scuderie hanno migliorato molto le loro prestazioni rispetto allo scorso anno. Oltre ai top team (Red Bull, Ferrari e McLaren), pure la Mercedes e la Lotus vogliono recitare un ruolo da protagonista in questo campionato, così come Williams e Sauber. Le performance sono piuttosto vicine, grazie anche al ruolo determinante delle gomme Pirelli che condizionano le strategie in gara e le classifiche finali. Il Mondiale si annuncia più avvincente che mai. Se poi a cambiare le carte in tavola ci si mette pure la pioggia, attesa nel weekend a Montecarlo, allora domenica sul gradino più alto del podio potrebbe salire il sesto pilota diverso in sei gare.

La McLaren sembra la monoposto più veloce ed equilibrata del lotto. Alcune esitazioni durante i pit stop in corsa hanno però condizionato l’inizio di stagione di Jenson Button e Lewis Hamilton. La scuderia di Woking ha sicuramente raccolto meno rispetto a quanto seminato. La Red Bull poi non è la stessa dell’anno scorso. Anzi, dopo la parentesi da extraterrestre è tornata a lottare con i comuni mortali, faticando più del dovuto in diverse occasioni e mostrandosi in affanno. I tori ancora stentano a capire il comportamento della RB8. La Ferrari si è ben difesa in questa prima parte di stagione, consapevole di avere un mezzo inferiore alla concorrenza. Fernando Alonso ci ha messo molto del suo per portare in alto i colori della Rossa. Adesso però la scuderia di Maranello sta rialzando la testa grazie alle nuove soluzioni tecniche introdotte sulla F2012. Accorgimenti che si sono rivelati azzeccati, come la configurazione degli scarichi.

La Mercedes non è riuscita a colmare definitivamente il gap delle proprie prestazioni tra qualifiche e gara. Il degrado delle gomme durante la corsa è meno evidente rispetto al 2011 ma permane. A Stoccarda stanno lavorando per azzerarlo. L’impressione è che la meta sia vicina. La Sauber ha sbalordito tutti fin dai test invernali, attirando gli occhi del paddock per alcune soluzioni aerodinamiche innovative. La vettura sembra ben bilanciata, grazie anche alle indicazioni di due piloti emergenti come Sergio Perez e Kamui Kobayashi.

La Lotus e la Williams sono le scuderie che hanno portato maggiori sviluppi a Barcellona, in occasione dell’ultimo GP spagnolo. Il team di Frank Williams è andato al di là delle proprie aspettative, riuscendo a conquistare una vittoria dopo quasi otto anni di astinenza. Non assaporava il gusto del successo dal GP del Brasile 2004 con Juan Pablo Montoya. La Lotus invece è la monoposto che a prima vista sembra avere delle linee piuttosto essenziali, senza nessun elemento che attragga particolari attenzioni. Il potenziale è tutto sotto la livrea, a partire dalla trazione. Un punto di forza che sulle stradine del Principato potrebbe risultare determinante per la vittoria finale. Non a caso i due piloti del team di Enstone, Kimi Raikkonen e Romain Grosjean, restano i favoriti per il successo di domenica.

L’imprevedibilità di questi primi cinque GP ha prodotto una situazione anomala, in cui è difficile capire chi sarà il vero dominatore in questa stagione. Il livellamento delle prestazioni, i miglioramenti delle monoposto gara dopo gara, il meteo, le strategie al muretto e anche gli errori durante i pit stop alimentano lo stato di incertezza. Magari lo spettatore avrà le idee un po’ confuse assistendo a questa alternanza di vincitori, ma di sicuro ognuno dirà la sua. Adesso ogni previsione potrebbe essere quella giusta. Nel 1983 vinse il titolo chi conquistò il successo alla prima gara, Nelson Piquet. Vedremo se quest’anno la profezia si ripeterà.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

Stoner domina a Jerez

Casey Stoner

Casey Stoner

JEREZ DE LA FRONTERA – Partiva un po’ indietro in griglia ma aveva disertato il warm up, sicuro di avere un asso nella manica. E infatti la sua Honda non lo ha tradito, spazzando via in un colpo solo problemi di assetto e qualche fastidio fisico. Casey Stoner trionfa a Jerez e firma il primo sigillo stagionale nella terra di Jorge Lorenzo. Il poleman maiorchino (4 vittorie complessive, di cui due nelle ultime due stagioni) stavolta deve alzare bandiera bianca: troppo forte l’australiano sul circuito spagnolo. Stoner ha gestito la gara come un vero giocatore di poker che sferra l’attacco solo al momento giusto. Un marziano non ancora in testa al Mondiale, ma a quattro punti dalla vetta.

Squarci di cielo azzurro e chiazze di umido in pista hanno reso il GP incerto. Alla fine però la pioggia non è arrivata. Primi giri serrati, con distacchi minimi e molti duelli ravvicinati con i piloti a ventaglio in prossimità delle staccate e qualche “sportellata” di troppo. Dopo è stato un affare a due per la vittoria.

Buon terzo posto per Dani Pedrosa, autore di una gara dai due volti. Dopo un’ottima partenza che gli ha permesso di conquistare il comando della corsa, prima è scivolato indietro, risucchiato dal gruppo, poi è risalito, portandosi a poco più di un secondo da Lorenzo, recuperando un gap di oltre quattro secondi. Un podio per festeggiare i 100 GP nella classe regina.

Alle spalle dei “magnifici tre” si piazza un sorprendente Cal Crutchlow, su Yamaha. Il pilota del team Tech 3 ha cercato di insidiare fino all’ultimo la Honda di Pedrosa, lontana solo un paio di decimi. Per il britannico c’è la soddisfazione di essere arrivato davanti al compagno di squadra, Andrea Dovizioso, grazie a un sorpasso piuttosto deciso a metà gara, compiuto senza alcun timore reverenziale.

Delusione in casa Ducati. L’ottavo posto di Nicky Hayden e il nono di Valentino Rossi sono un bottino magro per il team di Porgo Panigale. L’americano, scattato dalla terza posizione in griglia, ha cercato di tenere il passo dei primi all’inizio della gara ma poi si è dovuto arrendere. Ancora più nera la situazione di Rossi. Il 13° posto della qualifiche aveva sbalordito tutti, i cinque secondi di distacco dal compagno di squadra sul traguardo confermano le difficoltà del nove volte campione del mondo. Nel weekend che ha segnato le 200 gare nella massima serie, Rossi non ha proprio nulla da festeggiare. Assodato che il suo stile non si adatta alla moto, l’impressione è che la strada giusta si debba ancora imboccare.

Rimandato Ben Spies.  Lo statunitense è l’ombra di se stesso. In sella alla Yamaha ufficiale, non è mai riuscito a essere veloce e incisivo, chiudendo alla fine in 11° posizione. Il suo posto adesso traballa un po’. Nel paddock già si parla di una sua sostituzione.

Sesto Alvaro Bautista, settimo il campione del mondo della Moto2 Stefan Bradl. Bene anche Aleix Espargaro, primo delle Crt, al 12° posto. 13° Danilo Petrucci, 14° Mattia Pasini. Prossimo appuntamento tra sette giorni in Portogallo.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

 

Vettel ritorna al successo in Bahrain

Il campione del mondo in carica Vettel

SAKHIR – Era a digiuno da cinque gare: un’enormità per uno come lui. Sebastian Vettel torna sul gradino più alto del podio, mostrando lo smalto dei tempi migliori dopo un avvio di stagione sottotono. Il due volte campione del mondo è il quarto vincitore in quattro GP, a conferma dell’equilibrio tra le forze in campo quest’anno. Nella gara che sarà ricordata soprattutto per le polemiche relative all’opportunità di correre in un Paese in cui le forze governative reprimono duramente le proteste delle opposizioni, si rivede la Red Bull, di nuovo vincente grazie alle modifiche al retrotreno (scarichi e fondo piatto). Niente rivoluzioni, solo piccoli accorgimenti frutto della matita di Newey che hanno però permesso alla scuderia di Milton Keynes di tornare al successo.

Un colpo di reni che invece non riesce alla Ferrari, sempre alle prese con problemi di carico aerodinamico, velocità di punta e trazione. Il settimo posto di Fernando Alonso e il nono di Felipe Massa non sono un bottino all’altezza di un team che punta alla conquista del campionato. L’attesa adesso è finita: dalla Spagna in poi bisogna invertire la rotta, introducendo cambiamenti strutturali che permettano di ritrovare quella competitività che tutti si aspettano. L’assenza di un dominatore in quest’inizio di stagione è un manna dal cielo per le speranze di Maranello. Alonso infatti in classifica resta sempre nelle posizioni di vertice. L’asturiano accusa un ritardo di soli 10 punti dal leader Vettel, ma urge una svolta.

A parte l’ottima partenza, per il Cavallino l’unica consolazione in questa grigia domenica mediorientale arriva dalle McLaren, con Button ritirato e Hamilton ottavo. Il team di Woking è stato autore di una gara ben al di sotto delle aspettative. L’eccessivo degrado delle gomme e le incertezze ai box hanno compromesso la gara dei due inglesi.

La sorpresa della giornata è la Lotus Renault. Alle spalle del vincitore, infatti, da segnalare la prestazione maiuscola di Kimi Raikkonen e Romain Grosjean: due piloti fuori dal circus nelle ultime due stagioni. Il duo della scuderia di Enstone ha stupito e meritatamente conquistato il podio mettendo in fila Webber, Rosberg, Di Resta, Alonso, Hamilton, Massa e Schumacher. Il finlandese e lo svizzero con passaporto francese hanno impresso un ritmo molto alto alla gara, facendo registrare tempi constantemente più veloci della concorrenza. Sono stati gli unici a impensierire il tedeschino di Heppenheim. Se fossero partiti nelle prime file, forse avrebbero potuto pure strappargli la vittoria.

Non pervenute le Mercedes. Dopo il successo cinese, la Casa della stella a tre punte si presentava in Bahrain come la monoposto da battere. Il flop delle qualifiche, con Schumacher fuori in Q1, aveva però ridimensionato le attese per la gara, tutte sulle spalle del fresco vincitore di Shanghai. E invece Rosberg (quinto al traguardo) si è fatto notare solo per le manovre al limite nel difendere la posizione dagli attacchi di Hamilton e Alonso. Da uno come lui ci si aspetta ben altro.

Vincenzo Bonanno

 

La McLaren vola, la Ferrari arranca

I due piloti McLaren: Lewis Hamilton e Jenson Button

I due piloti McLaren: Lewis Hamilton e Jenson Button

MELBOURNE – Negli ultimi dieci anni chi ha vinto a Melbourne per sette volte ha conquistato il titolo a fine campionato. Sarà pure una statistica, ma per gli amanti della cabala (che non sono pochi) è un dato da tenere in considerazione.

Jenson Button vince in Australia, dopo aver bruciato alla partenza il compagno di squadra Lewis Hamilton, scattato dalla pole. La McLaren evidenzia quanto di buono mostrato durante i test invernali. La monoposto di Woking non è solo bella da vedere, grazie a una linea senza scalini sul muso, ma anche veloce.

A rovinare la festa a Martin Whitmarsh ci ha pensato il campione del mondo in carica, Sebastian Vettel. Il tedeschino di Heppenheim capisce che la musica è cambiata, ma riesce comunque a impensierire il duo McLaren, inserendosi fra i due piloti inglesi ed evitando la doppietta. I marziani di Milton Keynes però sono tornati sulla terra.

La Ferrari è ben lontana da dove dovrebbe e vorrebbe essere. Solo la tenacia di Fernando Alonso salva l’onore. A Maranello la strada è tutta in salita. Difficile con questa macchina tenere il passo dei primi. Servono modifiche importanti.

Rimandata la Mercedes, ma il potenziale c’è. Kimi Raikkonen festeggia il ritorno in Formula 1 al volante della Lotus entrando in zona punti, dopo essere partito dal fondo dello schieramento, in 18° posizione. Ottimi piazzamenti anche per Sergio Perez (Sauber) e Daniel Ricciardo (Toro Rosso), che conquistano il miglior risultato della loro giovane carriera.

La cronaca

In partenza Button soffia la prima posizione al poleman Hamilton. Terzo Schumacher. Rosberg trova un corridoio e passa dal settimo al quarto posto. Ottimo anche lo scatto delle due Ferrari: Alonso guadagna quattro posizioni, Massa sei. Nelle retrovie contatto Senna-Ricciardo. Non ci sono le due HRT, che non hanno superato la soglia del 107% in qualifica.

Al secondo passaggio, Vettel incalza Rosberg e lo sorpassa. Hulkenberg è subito out. Nello stesso giro Maldonado attacca Grosjean, scivolato indietro dopo la partenza dalla seconda fila. I due si toccano: ha la peggio il pilota della Lotus, costretto al ritiro per la rottura della sospensione anteriore destra.

Le due McLaren fanno il vuoto. Vettel, quarto, è in scia a Schumacher. Il campione del mondo in carica inciampa però in un errore, con un’escursione sull’erba senza conseguenze. Buon ritmo delle Ferrari, con Alonso sesto e Massa ottavo. Il brasiliano però subisce il sorpasso di Maldonado. Dopo qualche passaggio, tempi alti per la seconda guida della rossa, che accusa problemi con le gomme posteriori.

Webber è settimo. Mercedes in difficoltà: Schumacher compie un dritto e danneggia la monoposto.  costretto al ritiro.

Webber è settimo. Mercedes in difficoltà: Schumacher compie un dritto e danneggia la monoposto. È costretto al ritiro. Al 12° giro Massa ai box per il cambio gomme. Seguito, la tornata successiva, da Rosberg. Raikkonen intanto, partito dalle retrovie, risale fino all’ottava posizione. Cambia pneumatici anche Alonso, che monta le medie. Torna in pista al nono posto. Massa invece è 15°. Pit stop pure Webber: per l’australiano stessa tattica dello spagnolo della Ferrari.

Vettel, terzo con pista libera, è indiavolato e guadagna sulla coppia della McLaren, al comando della gara. Al 17° giro rientrano Button e Vettel per il cambio gomme. Entrambi montano le medie. Solo Hamilton invece resta sulle morbide. All’uscita dalla pit lane, l’inglese della McLaren si piazza dietro Raikkonen e Perez, che ancora non si sono fermati. Al 20° giro, sosta per il finlandese della Lotus, risalito fino alla seconda posizione. Il messicano della Sauber, alle spalle del leader Button, rallenta Hamilton. Vettel ne approfitta e si avvicina all’inglese della scuderia di Woking. Dietro arriva Alonso.

Dopo la prima tornata di pit stop, al comando della gara c’è Button, seguito da Hamilton, Vettel, Alonso, Rosberg, Webber, Maldonando e Raikkonen. Nono Kobayashi, decimo Massa, di nuovo in crisi con le coperture morbide. Il brasiliano rientra ai box al 29° giro. In difficoltà anche Rosberg, tallonato da Webber. Ne approfitta Maldonado, che si avvicina. I tre sono in bagarre. Button lamenta delle vibrazioni, ma continua a marcare ottimi tempi. Buon ritmo pure per Alonso. Al 31° giro dritto di Vergne. Webber attacca Rosberg, che decide di andare subito ai box.

Hamilton accusa un ritardo di dieci secondi nei confronti di Button. Seconda sosta di Alonso al 35° passaggio. Lo spagnolo, ancora con le medie, torna in pista all’ottavo posto. Button e Hamilton si fermano uno dietro l’altro nel giro successivo. Vettel passa al comando. Al 37° giro Petrov ha un problema e parcheggia la sua Caterham sul rettilineo principale: entra la safety car. E tutti ne approfittano per entrare ai box e cambiare gomme. Per il russo, che ha preso il posto di Jarno Trulli, guasto al servosterzo. Si ritira anche l’altra monoposto di Tony Fernandes, guidata da Kovalainen.

La gara riprende al 42° passaggio: restano sedici giri da compiere. Ripartenza regolare: Button, Vettel, Hamilton, Webber, Alonso, Maldonado, Perez, Rosberg, Kobayashi, Raikkonen. Massa è 13°. Il brasiliano è attaccato da Ricciardo. Di Resta è 11°, Vergne 12°. Il leader della gara, a gomme fredde ma con pista libera davanti, impone un ritmo indiavolato. Gli altri hanno difficoltà a tenere il passo. Fatica un po’ anche Alonso. Button scappa via e Hamilton tallona Vettel. Contatto tra Massa e Senna al 47° giro: i due rientrano ai box e il brasiliano è costretto al ritiro per danni alla sospensione.

Anche Maldonado incalza Alonso. Intanto le due Toro Rosso di Ricciardo e Vergne sorpassano Di Resta e salgono rispettivamente all’11° e 12° posto. A quattro giri dalla fine, Vettel si allontana da Hamilton, tallonato da Webber. Button gestisce la leadership. All’ultimo giro Maldonado, vicinissimo ad Alonso, tocca l’erba e picchia contro il muro. Fasi concitate, problemi pure per Rosberg. Intanto sventola la bandiera a scacchi. Ecco la classifica finale: Button, Vettel, Hamilton, Webber, Alonso, Kobayashi, Raikkonen, Perez, Ricciardo e Di Resta.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

Italiani in F1, una “razza” in estinzione

Michele Alboreto

In principio fu Nino Farina, il primo a vincere un Mondiale di Formula 1. Correva l’anno 1950, il circus esordiva sul panorama internazionale. Il “dottore volante” si aggiudicava la prima edizione del campionato iridato, guidando un’Alfa Romeo 158. Un italiano che vinceva al debutto della categoria più affascinante della competizione automobilistica, su una macchina “made in Italy”: il massimo della libidine per gli amanti del tricolore. Nemmeno il tempo di smaltire la sbornia che nel 1952 Alberto Ascari regalava un’altra gioia all’Italia, stavolta al volante di una Ferrari 500.

Il fuoriclasse milanese, che tuttora detiene il record di vittorie per un italiano (13), si ripeteva l’anno dopo, sempre con la rossa di Maranello. Dopo di lui nessun altro connazionale è riuscito a conquistare l’iride in Formula 1. Dagli albori ai nostri giorni, sono stati 84 i piloti italiani che hanno guidato una monoposto sui circuiti del Mondiale, anche solo per una volta. Negli anni Cinquanta la compagine tricolore ai nastri di partenza del campionato era sempre piuttosto nutrita.

Il primo a vincere una gara dopo Ascari è stato Luigi Musso. Romano di nascita, legato alla casa del Tridente, riuscì a conquistare l’unica vittoria della sua carriera al Gran Premio d’Argentina 1956 con la Ferrari. Poi un digiuno di cinque anni, rotto da Giancarlo Baghetti, primo al GP di Francia del 1961, nella sua gara d’esordio in Formula 1 al volante di una Ferrari 156.  Pur essendosi piazzato in 12ª posizione nelle qualifiche, Baghetti vinse la corsa: fu il primo e unico caso nella storia del circus che un pilota al debutto conquistasse una gara.

Passarono altri quattro anni prima di rivedere un italiano sul gradino più alto del podio. Al GP d’Austria del 1964 Lorenzo Bandini, su Ferrari, tagliò per primo il traguardo di Zeltweg. Il popolo ferrarista invece dovette attendere 14 anni per assistere a una nuova vittoria di un italiano sul circuito di casa, a Monza. Dopo Ascari nel 1952, Ludovico Scarfiotti nel 1966, su Ferrari, primeggiò davanti al popolo in rosso. Ancora oggi è l’ultimo pilota italiano ad aver vinto il GP d’Italia.

Quello che seguì fu un periodo buio per il tricolore in Formula 1. La morte di Bandini a causa del rogo al GP di Montecarlo nel 1967 generò un’ondata di risonanza negativa nei confronti di Enzo Ferrari.  Il culmine si raggiunse nel 1969, forse il momento più brutto dell’automobilismo nazionale: nessun italiano al via del campionato del mondo.

Dallo “zero” assoluto l’Italia cominciò lentamente ad alzare la china. La vittoria di Vittorio Brambilla nel 1975 fu una boccata d’ossigeno per la crisi tricolore. Sul traguardo del GP d’Austria “the Monza’s gorilla”, come lo chiamavano gli inglesi, in preda all’entusiasmo festeggiò alzando entrambe le braccia e perse il controllo della sua March 751, distruggendo il musetto che per molti anni è stato usato come “trofeo” nell’officina di famiglia a ricordo dell’unica vittoria del monzese.

Intanto la colonia azzurra in Formula 1 si fece sempre più folta. E i risultati colmarono il vuoto degli anni passati. Nel 1982 Riccardo Patrese, Elio De Angelis e Michele Alboreto festeggiarono sul gradino più alto del podio, rispettivamente a Monaco, in Austria e a Las Vegas.

Non molto amato all’interno del circus, Patrese è stato a lungo il pilota con il maggior numero di presenze nelle gare di Formula 1: nella sua carriera ha disputato 256 GP, una cifra che ha rappresentato il record di partecipazioni fino alla stagione 2008, quando il suo primato è stato battuto dal brasiliano Rubens Barrichello. Ha corso con tre generazioni di piloti, da Emerson Fittipaldi a Michael Schumacher, ha guidato per squadre di serie B e per i top team, distinguendosi sempre per tenacia, velocità e sfortuna. Ha vinto sei gare nel corso della sua longeva carriera, conquistando il titolo di vice-campione del mondo nel 1992. In bacheca pure 37 podi e 8 pole position.

A un passo dal Mondiale è arrivato anche Michele Alboreto. Capace di emergere sulle strade strette di Montecarlo come sulle piste più veloci, era abilissimo sul bagnato, feroce nei confronti corpo a corpo, tattico all’occorrenza. Un pilota che non accettava di lasciar perdere una sola chance pur di farsi strada, a dispetto di un approccio mite lontano dai circuiti. Le sue origini modeste, la famiglia senza grandi disponibilità, hanno rappresentato un peso nei primi anni di gare, quando i rivali erano spesso figli di papà benestanti. Alboreto, invece, si è conquistato tutto da solo. Una lotta (anche) di classe, per emergere con qualità fuori dal comune.

Su questo ragazzo dalla pelle olivastra e dai riccioli scuri mise subito gli occhi Enzo Ferrari, che lo volle con sé a Maranello. Erano gli anni in cui le Rosse sembravano proibite ai piloti italiani, e proprio l’arrivo di Alboreto portò nella scuderia del Cavallino una ventata di ritrovato entusiasmo. Nel 1984 il trionfo già alla terza gara, in Belgio, con la Ferrari. Un tripudio: 18 anni dopo Scarfiotti, un pilota di casa nostra vinceva con la Rossa in Formula 1. Nel 1985 i tempi erano maturi per l’assalto al titolo suggellato dai successi in Canada e Germania: troppo poco però per battersi ad armi pari con la McLaren di Alain Prost che aveva un’affidabilità migliore.

Alboreto riuscì a comandare il campionato sino all’estate. E quando pareva ormai che la strada fosse in discesa, cominciarono invece i guasti meccanici al motore della Ferrari. L’Italia però, all’improvviso, scoprì di avere un pilota nel quale poter credere e identificarsi. Una carriera che in Formula 1  gli ha dato meno di quanto meritasse (5 vittorie), dopo la quale Alboreto pensava a un futuro da dirigente dell’automobilismo sportivo. Un terribile incidente in un test al Lausitzring con l’Audi R8 ha stroncato i suoi progetti, nel 2001. Di lui resta il mito: è stato infatti l’ultimo italiano a vincere con la Ferrari, l’ultimo pilota ingaggiato dal “Grande Vecchio”, Enzo Ferrari.

Con il passare degli anni, intanto, la compagine tricolore diventava sempre più numerosa. Nel biennio 1989-1990 erano addirittura 15 gli italiani al volante di una monoposto nel Mondiale. Certo, erano gli anni delle pre-qualifiche, alcuni di loro non superavano l’ostacolo del venerdì mattina, ma è comunque la dimostrazione concreta di una realtà che con 15 piloti, 7 team e 2 GP in calendario, aveva trasformato la lingua italiana in quella più parlata del circus.

La scuola italiana dilagava non solo per ragioni di sponsor ma perché era la migliore. Comprendeva campioni come Patrese, Alboreto e Alessandro Nannini, promesse di talento come Stefano Modena, Ivan Capelli, Gabriele Tarquini, Nicola Larini, Pierluigi Martini, Emanuele Pirro, Alex Caffi, Alessandro Zanardi, ma anche piloti di esperienza come Andrea De Cesaris e Piercarlo Ghinzani.

Allora per arrivare in Formula 1 non servivano grosse sponsorizzazioni o appoggi governativi, come adesso nel caso di Vitaly Petrov e Pastor Maldonado. Contava avere la reputazione di piloti vincenti, avere dimostrato di saperlo fare con pochi mezzi.

A metà degli anni Novanta ecco le due icona tricolori della Formula 1 moderna, Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli. Il romano è stato l’ultimo pilota italiano a salire sul gradino più alto del podio, con la Renault, nel 2006 in Malesia. L’abruzzese invece, dopo che Vitantonio Liuzzi è stato appiedato dall’HRT, doveva essere l’unica rappresentanza tricolore al via di questa nuova stagione, con la Caterham. Ma i soldi portati dal russo Petrov hanno convinto Tony Fernandes e Mike Gascoyne a concludere anzitempo il rapporto con Jarno. 252 GP in 15 stagioni non sono bastati per la conferma.

Il risultato è che l’Italia scompare dalla geografia dei piloti. L’Italia, non la Svizzera dove le corse sono proibite, le auto non vengono prodotte eppure c’è Romain Grosjean al volante della Lotus. La culla della tradizione e della cultura dei motori, dei tanti campionati kart dove sono venuti a farsi le ossa campioni come Sebastian Vettel e Robert Kubica, il Paese della Ferrari, della Pirelli fornitore unico delle gomme, della Brembo fornitore quasi unico di freni, della Sabelt, brand delle cinture di sicurezza, non riesce a esprimere un solo pilota su 24.

L’assenza di piloti italiani dalla Formula 1 è un dato eclatante, non solo perché non succedeva dal 1969, non solo perché il primo campionato del mondo è stato vinto da Nino Farina ma anche perché l’Italia rimane uno dei principali Paesi del mondo nell’ambito delle corse. Da oggi però campioni e talenti dell’automobilismo nazionale sono estinti nella massima competizione. Sperando in tempi migliori. Magari in una seconda rinascita, come avvenne dal 1970 in poi. Ma ci vorranno anni, se non decenni.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

Il “gradino” della discordia

La nuova F2012

Che si chiami gobba, scalino o gradino non importa. Quasi tutte le nuove monoposto – Caterham, Force India, Ferrari, Sauber, Lotus, Red Bull, Toro Rosso e Williams – hanno l’ormai celebre protuberanza sul muso. Chi più, chi meno accentuata nello sbalzo o camuffata dal colore. L’unica voce fuori dal coro per adesso è la McLaren, con un musetto ricurvo dalla linea sinuosa: nella parte superiore scende gradualmente mentre in quella inferiore punta verso l’alto. La scuderia di Woking è la sola a non aver adottato la soluzione a scalino, aspettando le vetture 2012 di Mercedes, Hrt e Marussia.

Una novità dettata dal nuovo regolamento, secondo cui il telaio, nella parte anteriore, deve scendere da un’altezza massima di 62,5 cm a 55 cm, per motivi di sicurezza. Nello stesso tempo però le scuderie hanno voluto tenere alto il telaio per migliorare la qualità del flusso d’aria nella parte inferiore della monoposto. Quel rialzo all’altezza dei braccetti della sospensione anteriore ha fatto inorridire non solo i puristi dello stile e gli esteti, ma anche tutti gli appassionati di corse e anche gli addetti ai lavori. Nelle gare, però, bello o brutto conta poco: l’importante è che una vettura vada forte.

La F2012 è l’unica, al momento, ad aver interpretato il regolamento con una soluzione piuttosto “tozza”. Scocca e scalino sono piatti, con angoli netti, senza alcuna modellatura. È sicuramente la soluzione più sgradevole dal punto di vista del design, ma non è detto che sia quella che paghi meno alla fine. La maggior parte delle scuderie invece ha preferito “ammorbidire” lo scalino, andando a scavare la parte interna della scocca. Abbassandola, quindi, quanto basta per non rendere netto lo sbalzo con il muso. La soluzione più elegante, finora, è quella Red Bull.

L’impressione è che dalla Ferrari alla Caterham, tutti abbiano avuto la stessa idea: alzare il telaio fino al limite massimo permesso e raccordare con uno spigolo il musetto che per regolamento non può essere più alto di 55 cm. I team hanno seguito la filosofia elaborata dalla matita di Adrian Newey, progettando un telaio abbastanza alto. Quest’anno però le novità regolamentari non hanno consentito delle linee continue nella parte anteriore della monoposto. La scuderia di Milton Keynes ha continuato sulla strada tracciata da un paio di anni, le altre invece hanno cambiato rotta seguendola. Hanno fatto tutti così. Tutti eccetto la McLaren. La linea della cellula di sopravvivenza delle frecce d’argento è sotto i 62,5 cm, in modo da rientrare nei 55 cm con un andamento lineare e senza la necessità di uno scalino sul muso.

A Woking pensano che alzare il telaio non sempre è la soluzione ottimale. Si migliora l’aerodinamica ma si peggiora il comportamento dinamico della macchina perché si alza il baricentro e si rovina la distribuzione dei pesi. Qualche volta è meglio studiare un compromesso differente, come hanno fatto in McLaren, abbassando il telaio ed evitando così di ripiegare su antiestetici scalini. Sarà la pista a dire chi ha avuto ragione.

Vincenzo Bonanno

fonte: http://www.422race.com

F1: al bando i “veri” sorpassi

Il contatto tra Felipe Massa e Lewis Hamilton durante il GP d'India (google)

La scorsa stagione ce ne sono stati più di 800, senza contare i doppiaggi. Molti sfoderati grazie all’ala mobile, altri per il puro talento di chi è al volante. Il rischio, quest’anno, è di vederne meno. La FIA ha chiarito le regole di difesa nei sorpassi.

Qualsiasi pilota tornando verso la linea ideale, dopo essere uscito dalla traiettoria per difendersi, deve lasciare lo spazio di almeno una vettura tra la propria auto e il bordo della pista in prossimità delle curve, per fare in modo che la vettura attaccante possa percorrere regolarmente la curva”, sancisce la nuova normativa regolamentare. Un cambiamento che alimenterà ondate di polemiche. Difficile stabilire dall’abitacolo l’esatta misura della “porta da lasciare aperta”.

Già il mese scorso, in occasione del Consiglio Mondiale a Nuova Delhi, la FIA aveva anticipato la novità. Addirittura estremizzando la regola. In un primo momento infatti i piloti che nel difendere la propria posizione fossero usciti fuori dalla traiettoria, sarebbero stati impossibilitati a tornarvi. Adesso il mezzo passo indietro. La norma però lascia ampio margine alla discrezionalità.

A monte della decisione, le manovre al limite viste in alcuni sorpassi nella passata stagione. Quelle che esaltano gli appassionati e garantiscono lo spettacolo. Resta in vigore il divieto di spostarsi diverse volte sul tracciato. “Più di un cambio di direzione per difendere la posizione non è permesso”.

In sintesi, il pilota può tornare nella traiettoria ideale a patto di lasciare in prossimità della curva lo spazio di una vettura tra la propria monoposto e il bordo della pista. Niente più porte chiuse in faccia agli avversari, quindi. Facile a dirlo, difficile a metterlo in pratica. Difendersi da un attacco e non lasciare spazio al rivale è nel dna di chi corre.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

Ceccon, quando il talento fa miracoli

Kevin Ceccon (google)

Tre anni fa correva ancora con i kart, quest’anno ha vinto il campionato di Auto GP ed ha esordito in GP2 al posto dell’infortunato Davide Rigon. Nei test di Abu Dhabi riservati ai rookie, il bergamasco Kevin Ceccon è sceso in pista al volante della Toro Rosso.

Kevin, quali sono state le tue sensazioni al volante di una monoposto di Formula 1?
“La prima cosa che senti è la morbidezza del volante, la seconda è la velocità in curva, davvero notevole”.

Com’è stato il primo giro?
“Molto bello, ma ancora più emozionante è stato il momento in cui mi sono calato all’interno dell’abitacolo della monoposto”.

A 18 anni, 1 mese e 11 giorni hai già battuto Sebastian Vettel, salito per la prima volta su una vettura (la Williams) a 18 anni, 2 mesi e 20 giorni. Hai messo nel mirino il neo bicampione del mondo?
“Non guardo alla carriera degli altri, solo alla mia. Certo, non posso nascondere che è stata una bella soddisfazione quando l’ho saputo, ma non rincorro questi primati. Non mi sono mai posto il problema”.

Hai chiuso i test all’ottavo posto, portando a termine il programma di lavoro e staccando di quasi un secondo il tuo compagno di box Stefano Coletti. Sei soddisfatto del tuo esordio?
“Sono molto soddisfatto, anche se avrei potuto fare meglio se avessi avuto il materiale adatto. Con la squadra però abbiamo deciso di non andare a cercare il giro veloce. Ci siamo concentrati sullo sviluppo di alcune componenti in vista della prossima gara in Brasile e anche in ottica 2012. È questo il lavoro che serviva alla Toro Rosso”.

Non hai il rammarico di non aver montato le gomme supersoft per sfruttare al massimo le potenzialità della STR6?
“Non ho nessun rammarico. In Formula 1 non conta solo la velocità pura ma anche quello che pensano di te. Io credo di aver fatto un ottimo lavoro”.

Qual è la cosa che ti ha colpito di più in questa F1?
“La professionalità, il modo in cui viene gestita la giornata di lavoro. È difficile e non certo così scontato”.

In tre anni sei passato dai kart alla F1, senza nemmeno avere la patente di guida. Non pensi di aver bruciato le tappe?
“Se avessi bruciato le tappe mi sarei già bruciato. Ho sfruttato le occasioni che la vita mi ha offerto”.

Quanto è stato importante vincere il campionato di Auto GP per il debutto in F1?
“È stato molto importante perché mi ha dato notorietà e sicurezza”.

Quali sono i tuoi progetti per la prossima stagione?
“Correre in GP2”.

Con quale scuderia?
“La Coloni, con cui ho già disputato qualche gara la passata stagione. Conosco bene tutti nel team. L’accordo definitivo però ancora non c’è”.

Ti piace la Formula 1 attuale?
“Sì, mi piace. Prima l’unica pecca era la mancanza di sorpassi. Ora ci sono anche quelli”.

Senti il peso di essere una giovane promessa in un periodo in cui i talenti italiani emergono con il contagocce?
“Mi fa piacere che la gente pensi questo di me, ma io non gli do peso. Sono concentrato a far bene il mio lavoro”.

Qual è il tuo pilota preferito?
“Kubica, lo conosco bene, vive nello stesso posto dove vivo io, a Viareggio. Mi ispiro a lui”.

Come sta il pilota polacco, dopo l’incidente dello scorso 6 febbraio?
“Sta migliorando. La riabilitazione procede bene e il morale è alto”.

Tornerà in Formula 1?
“Penso di sì, ma non so quando”.

Cosa pensi della Formula 1?
“È un mondo a sé stante difficile da comparare. Ad esempio in Auto GP eravamo in tutto quindici nel team, in GP2 venti, per i test di Abu Dhabi con la Toro Rosso eravamo una trentina. Tutta un’altra storia”.

Vincenzo Bonanno

fonte: www.422race.com

Andreucci, un 2011 senza rivali

Paolo Andreucci al Monza Rally Show

Ha dominato la classifica di categoria, S2000, mettendosi dietro Luca Rossetti e Giandomenico Basso, ovvero i rivali di sempre. Il campione italiano 2011 Paolo Andreucci conferma l’idillio con la sua Peugeot 2007 anche al Monza Rally Show. Il pilota della Garfagnana parla di rally e non solo.

Paolo, siamo a fine anno ed è tempo di bilanci. Com’è andata questa stagione?
“Meglio di così, ho vinto sette gare su otto…”.

Qual è la corsa a cui sei più legato?
“Il rally del Ciocco. È casa mia”.

Quest’anno è stato funestato da terribili incidenti, a cominciare da quello di Robert Kubica per finire con quelli mortali di Marco Simoncelli e Dan Wheldon. Cosa si potrebbe fare per evitarli?
“Il livello di sicurezza nelle corse è molto alto. È stato fatto tanto negli ultimi anni. Le fatalità posso sempre succedere. Bisogna però scegliere bene i posti in cui correre”.

Quanto contribuiscono le corse allo sviluppo delle vetture di serie?
“Sono fondamentali per lo sviluppo dei particolari”.

Vincenzo Bonanno (Foto di Ottavio Mantovani)

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Kubica presto al volante di un’auto da corsa

Robert Kubica, 26 anni

Sono passati quasi nove mesi dall’incidente al rally di Andora, dove ha rischiato l’amputazione delle mani. Adesso Robert Kubica ha fretta di tornare. Il polacco è pronto a salire su una macchina da corsa. A confermarlo è Igor Rossello, il chirurgo che ha operato il pilota della Lotus Renault GP. “Robert ha recuperato, può già muovere e usare tutte le sue dita. Possiamo ora pensare di rimetterlo al più presto su una vettura. Sorry, una vettura da gara, perché già guida un’auto stradale”, ha dichiarato il direttore del centro regionale di chirurgia della mano dell’ospedale “San Paolo” di Savona.

Un annuncio che allontana il pessimismo di Riccardo Ceccarelli. Il medico della Lotus Renault GP aveva dichiarato qualche giorno fa che sarebbero stati necessari ancora “diversi mesi” di riabilitazione. Uno slittamento che avrebbe impedito a Kubica di rispettare la scadenza fissata dalla sua scuderia per capire se potrà tornare al volante della R31, in modo da consentire al team di Enstone di scegliere la coppia di piloti da schierare la prossima stagione.

Il suo recupero è stato un miracolo ma resta da vedere se sarà veloce. Dobbiamo ancora fare un piccolo intervento per migliorare la mobilità del polso, dopo incidenti di questo tipo la mano non è mai flessibile come lo era prima. Dovrà fare molti esercizi. Ma sarà di nuovo in grado di guidare la sua monoposto di Formula 1 e premere tutti i bottoni. Stiamo parlando di un pilota, non di un pianista”, ha aggiunto Rossello.

Il pensiero va subito al 6 febbraio scorso, quando la Skoda Fabia del ventiseienne polacco è uscita di strada, terminando la sua corsa contro il muro di una chiesa. “Guardo Robert e non smetto di meravigliarmi di come siano andate bene le cose, tutte le ferite sono guarite, resta solo da capire se sarà in grado di guidare come prima. Avrà alcune limitazioni, ricordo che avevamo considerato l’amputazione. Ma spetterà agli specialisti della Formula 1 stabilirlo. Noi abbiamo fatto il nostro lavoro in modo perfetto”, ha concluso il chirurgo. I tempi per il rientro sono ancora incerti ma Kubica non aspetta altro. Il countdown è partito.

Vincenzo Bonanno

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